In questo momento, ci sono circa 68 mila pizzerie in Europa, che servono una popolazione di 741 milioni di persone. In media, c'è una pizzeria ogni 10 mila persone.
Le pinserie, ovviamente, sono molte meno: le statistiche più recenti, che comunque risalgono a qualche anno fa, parlano di circa 5.000 in tutto il mondo. Vi spieghiamo perché, secondo noi, questa è una grande opportunità per i ristoratori.
Il mercato della pizza è ancora in crescita
Partendo dalla pizza, una ricerca molto interessante di IMARC Group sostiene che il mercato europeo sia in espansione e che possa crescere dell’1,5% medio annuo da oggi al 2032. Le motivazioni sono molto interessanti: la crescita del mercato sarebbe imputabile, quanto meno parzialmente, alla “crescente domanda di piatti pronti e veloci, una tendenza accelerata dallo stile di vita frenetico della popolazione europea”.
Come al solito, ci sono normali e fisiologiche differenze tra un Paese e l’altro, ma la pizza è un successo ovunque. Per esempio, secondo Dataessential in Francia 7 consumatori su 10 mangiano almeno 1 pizza al mese, e addirittura 8 su 10 in Germania e Spagna. Davvero interessanti, inoltre, le diverse aspettative dei consumatori europei sulla cucina italiana, cui la pizza appartiene di diritto: il 66% dei consumatori tedeschi si aspetta un’elevata qualità dei prodotti e delle materie prime, mentre in Francia l’aspettativa riguarda prodotti e preparazioni fatte in casa.
La sfida delle pizzerie è differenziarsi
Come si è visto, il mercato della pizza è previsto in crescita in Europa. Solo nella regione occidentale, il valore è di circa 60 miliardi, pari a quello di tutto il Nordamerica. Nonostante le quasi 70 mila pizzerie e molteplici catene a spartirsi la fetta più grossa del mercato, la pizza è ancora una grande opportunità per i ristoratori.
Piuttosto, la vera sfida è la differenziazione: come entrare nella mente del consumatore quando c’è una pizzeria ad ogni isolato? Come far percepire l’unicità dell’offerta? Come cogliere l’opportunità della crescita del mercato e, contestualmente, vincere la sfida con i concorrenti e le grandi catene?
Si può rispondere con la qualità dell’offerta e dell’esperienza, il rapporto qualità/prezzo, la competenza e la gentilezza del personale, ma vorremmo aggiungere due elementi di riflessione, che ci portano diretti verso la pinsa romana: la capacità di assecondare le tendenze di consumo e l’innovazione. Vediamoli singolarmente.
Come assecondare i trend nell’alimentazione
Nonostante l’esplosione dell’offerta, in Italia siamo soliti interpretare la pizza come un piatto tradizionale, associato a una decina di ricette. Se ciò è vero ad una osservazione superficiale, le tendenze di consumo alimentare sottostanti cambiano di continuo, così come in ogni Paese del mondo.
Si pensi all’esigenza di una cucina sana e leggera anche quando si va al ristorante, un trend che 20 anni fa era appena accennato e che oggi non può essere ignorato; oppure, alla sempre maggiore attenzione a una cucina sostenibile e all’integrazione di opzioni vegane e vegetariane nei menu. Seguire l’evoluzione dei trend di consumo alimentare è il primo fattore di differenziazione.
Il potere dell’innovazione
Per distinguersi, i ristoratori devono puntare sull'innovazione, ovvero devono cercare di andare oltre le tradizionali ricette e modalità di servizio. Qui, innovare significa introdurre nuove idee e tecniche che migliorino l'esperienza del cliente. Qualche spunto: ingredienti ricercati come farine alternative e condimenti gourmet, sperimentazione con tecniche di cottura particolari che esaltino i sapori e la consistenza dell’alimento.
La pinsa crea differenziazione
Siamo soliti definire la pinsa come sinonimo di innovazione nel mondo della pizza. A ben vedere, proporre la pinsa ai clienti aiuta i ristoratori a differenziarsi senza grande sforzo, perché è innovativa di per sé e asseconda le tendenze alimentari dei clienti.
Il successo della pinsa, che ovviamente non è paragonabile a quello di un prodotto secolare (la pinsa è nata nel 2001), si deve proprio alla voglia di far evolvere un mercato fermo da troppo tempo sulle sue posizioni e incapace di assecondare la voglia di leggerezza, gusto e facile digeribilità che le persone chiedevano a gran voce.
Quindi sì, proporre la pinsa ai clienti è un passo avanti nella direzione giusta. Il fatto che in alcuni Paesi non sia così conosciuta è un vantaggio enorme per i ristoratori, perché incuriosisce, le persone non la conoscono, è qualcosa di nuovo e di innovativo. Bisogna però essere capaci a proporla in modo corretto: non è una pizza con forma ovale, ma qualcosa di totalmente nuovo a partire dal suo “cuore”, cioè dalle farine e dall’impasto.
Quindi è meglio aprire una pizzeria o una pinseria in Europa?
È impossibile dare una risposta netta a questa domanda, date le infinite variabili in gioco.
In realtà, nessun ristoratore è obbligato a scegliere: noi suggeriamo di proporre la pinsa per differenziarsi e avere successo, ma la si può tranquillamente integrare nella propria pizzeria e nel menu “classico” che i clienti apprezzano da sempre. Soprattutto per chi ha già un locale avviato, l’approccio graduale è ovviamente quello vincente: si parte con un affiancamento delle due proposte per poi puntare maggiormente su quella che dà le maggiori prospettive di successo nel lungo periodo.
Se invece si apre un locale nuovo, dipende molto da quanto si vuole osare e dalla propensione al rischio: la pinsa è innovazione e può essere un successo senza precedenti, ma ovviamente non può fare affidamento sullo stesso nome, sulla riconoscibilità e sulla tradizione secolare della pizza; il suo successo è fortemente connesso alla qualità dell’offerta, alla capacità di valorizzare il contenuto innovativo e di trasmettere il messaggio giusto a un consumatore che non necessariamente lo conosce già. È una sfida, certo, ma le premesse sono ottime: in Italia, le vendite di pinsa nei supermercati sono cresciute del 40% nell’ultimo anno, segno che il prodotto piace. E non poco.